Quando l’invenzione va oltre la più famosa teoria scientifica
Può capitare talvolta nella nostra attività professionale di dovere gestire casi e situazioni che si prestano a delle astrazioni, nel senso che offrono un irresistibile spunto per fare delle considerazioni generali, anche sulla base della cultura, degli interessi, dell’esperienza maturata e degli studi di ciascuno di noi, considerazioni che si pensa, forse anche con un po’ di presunzione, possano essere di una qualche utilità e interesse per i colleghi e dare delle indicazioni su come affrontare nel modo migliore la nostra professione.
Fra questi casi, ne volevo raccontare uno, sperando di non annoiare i colleghi, che mi era successo di gestire tempo fa e mi aveva dato l’occasione di collegare, non senza metterci una buona dose di fantasia e di questo chiedo venia, la famosa teoria della relatività di Einstein con il mondo dei brevetti.
Quale prima considerazione, dirò, come chiaro e pacifico per tutti e senza bisogno di spendere altre parole, che viviamo e operiamo in un mondo in cui è possibile, o meglio è noto, se vogliamo usare il nostro più forbito linguaggio dei brevetti, movimentare un oggetto A, mobile, verso e da un oggetto B, fisso. Ad esempio, per essere un po’ meno banali e più concreti, è noto, in una stazione di lavorazione meccanica, muovere un utensile di lavoro verso un pezzo grezzo che è destinato a essere lavorato con tale utensile di lavoro, mobile, e che pertanto, a questo scopo, è opportunamente bloccato in una determinata posizione fissa.
E’ anche chiaro, dopo aver fatto questa noiosa e scontata premessa, che l’idea di muovere, nel caso della stazione di lavorazione meccanica, l’oggetto B verso l’oggetto A, vale a dire movimentare il pezzo grezzo da lavorare verso l’utensile di lavoro che lo lavorerà, invece di muovere l’utensile e tenere fermo il pezzo grezzo, come già noto nella tecnica, non può certamente essere considerata particolarmente innovativa e tale da andare oltre quello che chiamiamo comunemente banalità e/o ovvietà.
Si potrebbe concludere che il tecnico del ramo ci sarebbe facilmente arrivato senza particolari sforzi mentali, o meglio, usando il linguaggio di brevetti, senza che ciò richiedesse necessariamente un salto inventivo. Del resto Einstein da tempo ha detto e fatto capire con la sua famosa teoria della relatività che non esiste un moto assoluto, ed ha senso nella fisica, cioè in natura, parlare solo di moto relativo. In altre parole, muovere un oggetto A rispetto ad un oggetto B – Einstein direbbe muovere un primo sistema di riferimento relativamente ad un secondo sistema di riferimento – porta immediatamente a pensare che si possa muovere l’oggetto B relativamente da e verso l’oggetto A, dato che ciò che conta è il moto relativo. Questo concetto del moto relativo, mutuato dalla fisica, ormai è entrato a far parte della conoscenza generale comune e anche chi non ha frequentato le scuole alte lo conosce.
Quindi riconosciamo il grande merito della teoria della relatività che ha demolito definitivamente il concetto di moto assoluto, implicante una prima entità che per sua natura sta ferma e una seconda entità, distinta dalla prima, che invece si muove, per l’appunto in modo assoluto, e per conseguenza ha reso ovvia e banale l’idea di muovere o l’uno o l’altro di due oggetti, ovvero di muoverli relativamente fra di loro. Ma ora vediamo cosa succede con i brevetti, ovvero andiamo a considerare il caso pratico al quale ho fatto inizialmente riferimento e che mi ha dato lo spunto per fare tutte queste considerazioni e elucubrazioni, illudendomi di dire di qualcosa di utile.
Facciamo l’esempio che sia già noto nella tecnica un impianto di lavaggio di veicoli - parliamo di quelli che incontriamo tutti i giorni lungo le strade guidando la macchina - del tipo a portale fisso, in cui cioè sia noto far muovere il veicolo, da lavare, relativamente alla struttura a portale, fissa, dell’impianto di lavaggio, comprendente in particolare gli ugelli che spruzzano l’acqua e il detergente sul veicolo e le spazzole rotanti adibite a lavarlo. Ebbene chi ha avuto per primo l’idea di tenere fermo il veicolo da lavare e far muovere invece la struttura di lavaggio, ovvero il cosiddetto portale, con gli ugelli e le spazzole, relativamente al veicolo fermo, ha certamente fatto una cosa meritevole ed ha inventato un qualcosa di innovativo e vantaggioso, degno di essere premiato e protetto con un valido brevetto, e infatti così è stato, come ho potuto verificare.
Infatti il signore che ha avuto questa brillante idea, ovvero ha inventato il cosiddetto impianto di lavaggio a portale mobile, non era un grigio ed abitudinario tecnico del settore, privo di fantasia inventiva, ma ha risolto in modo geniale un preciso problema tecnico, dando anche un contributo, non certo liquidabile come insignificante, al progresso della stessa tecnica. Ad esempio ha evitato che il veicolo venisse trascinato, mentre viene lavato, da catene o sistemi simili attraverso l’impianto di lavaggio a portale fisso, con il conseguente rischio di subire danneggiamenti, e ancora ha evitato che il conducente del veicolo fosse obbligato a restare, annoiandosi, all’interno dello stesso veicolo, per guidarlo e farlo avanzare attraverso l’impianto fisso durante il ciclo di lavaggio.
Ora, grazie a questa brillante invenzione, ovvero all’impianto di lavaggio a portale mobile, il conducente può andare a prendersi tranquillamente il caffè e leggere il giornale, durante il lavaggio del suo veicolo, non dovendo più guidarlo per farlo avanzare attraverso l’impianto di lavaggio. Inoltre il conducente non corre il rischio che il suo veicolo subisca dei danni, come negli impianti a portale fisso, a causa di catene o altri sistemi di trascinamento. E’ quindi giusto che un’idea del genere che da dei tangibili vantaggi e risolve un preciso problema tecnico meritasse di essere premiato con un brevetto, ed è quello che, come ho detto, si è poi puntualmente verificato, anche se l’inventore oggettivamente e di fatto ha dovuto solo semplicemente immaginare che A, cioè il veicolo da lavare, doveva restare fermo, e che a muoversi doveva essere invece B, cioè il portale con gli ugelli e le spazzole, laddove era già noto che a stare fermo era B ed a muoversi era invece A.
Bene. In questo modo, partendo da questo caso, si è trovato, anche se un po’ forzatamente e un briciolo di immaginazione e fantasia, un collegamento fra il moto relativo, Einstein e i brevetti, per arrivare a dire e confermare quello che tutti noi forse sapevamo già, o almeno in qualche modo abbiamo sempre percepito, e che cioè nel mondo dei brevetti ogni invenzione va giudicata a sé ed è sempre un qualcosa di unico, irripetibile ed irrazionale che tende immancabilmente a sfuggire ad ogni teoria e definizione a priori, anche quando Einstein e la teoria della relatività, almeno apparentemente, l’avrebbero certamente subito liquidata come ovvia e banale.
In conclusione, se qualcuno mi sta ancora seguendo, vorrei dire che questo caso che ho raccontato, come certamente tanti altri capitati ai colleghi, fa capire che il livello inventivo, che costituisce la nostra croce e da sempre impegna i nostri sforzi per valorizzarlo e farlo emergere se vogliamo portare a casa un buon brevetto, è un qualcosa che non va mai banalizzato e confuso con la fredda razionalità e generalità del sapere scientifico, anche quando questo sapere scientifico è consolidato e riportato sui libri di scuola, ma va tenuto sempre separato da ogni teoria e modello scientifico, proprio perché il livello inventivo ovvero la scintilla e attività mentale che è alla base di ogni invenzione è in fondo un fatto irrazionale, che può nascere e scattare anche in un comune mortale che non si chiama Einstein. Questo è anche, per certi aspetti, il bello e l’imprevedibile della materia dei brevetti e quindi del nostro lavoro.